Prime Esperienze
Chef a domicilio parte 1
di 21046
17.12.2024 |
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"”
Facendo finta di nulla andai in doccia..."
Erano ormai passati parecchi giorni dall’avventura con Davide. Ancora oggi mi sembra impossibile crederci. Tutto era accaduto per caso, o forse no. Era stato un mix tra un’intuizione mia e un’idea fortemente voluta da Fede.È un normale lunedì, giorno utilizzato per organizzare la settimana.
“Ti va di provare uno chef a domicilio. Me lo ha consigliato Giulia.”
“Ah, sì, volentieri! Facciamo venerdì?” risposi.
“Ok, allora organizzo io,” concluse Fede.
Il fine settimana era libero, una vera rarità. I bambini sarebbero stati dai nonni in montagna, e noi avremmo avuto tre giorni interi da dedicare solo a noi stessi, lontani da ogni pensiero e dalla frenesia quotidiana.
Quel venerdì arrivò più in fretta di quanto pensassi. Tornai a casa dal lavoro verso le sei di sera. Aprendo la porta, sentii subito che l’atmosfera era diversa: la casa era impeccabile, ogni dettaglio curato. E Fede… Fede era splendida.
Indossava un abito rosso-arancio, un colore che non riuscivo a definire ma che la faceva brillare. I tacchi che portava erano alti, con un cinturino sottile che abbracciava la caviglia. Elegante, ma senza eccessi. Fine. Era come se ogni cosa fosse al suo posto, come se quel momento fosse stato preparato con cura e amore.
Mi fermai un attimo sulla soglia, lasciando che quell’immagine si imprimesse nella mia mente. Poi sorrisi.
“Sei bellissima,” le dissi.
Lei mi sorrise, con quel suo modo di fare che mescola complicità e dolcezza.
“Dai, vai a cambiarti. Lo chef arriva tra un’ora.”
Facendo finta di nulla andai in doccia. Mi ero completamente dimenticato avevo altri piani per la serata!!
E così, iniziò una serata che avrebbe avuto un sapore diverso, unico. Una di quelle che ricordi per sempre, non tanto per ciò che fai, ma per come ti senti mentre la vivi.
La cucina era impeccabile, come sempre del resto. Fede era seduta sul divano, la TV accesa in sottofondo, ma lo sguardo vagamente distratto. Aspettava la novità della serata: lo chef a domicilio. Che idea assurda aveva avuto Giulia, la sua amica, a proporci una cosa del genere. Non fanno per me queste cose, pensavo. Ma, vista l’eleganza e le raccomandazioni di Fede, decisi di adattarmi. Mi vestii in modo semi-elegante: camicia in lino, pantaloni e mocassini. Tanto siamo a casa, mi ripetei, cercando di convincermi.
Un po’ prima delle sette suonò il campanello. Per caso ero vicino alla porta e andai ad aprire. Non mi aspettavo nulla di particolare, ma appena aprii rimasi sorpreso.
Davanti a me c’era un ragazzo alto, giovane, con la carnagione scura e un sorriso leggermente imbarazzato. Aveva un’aria cordiale e allo stesso tempo insicura. “Sono Luis,” disse.
Fede si alzò subito dal divano, leggermente emozionata. Con il suo abito elegante sembrava pronta a una serata di gala. “Piacere, Fede. Tu devi essere Leo, giusto?” disse, stringendogli la mano.
Luis arrossì un po’ e scosse la testa.
“No, mi spiace. Mi ha chiamato poco fa Leo, non poteva venire e mi ha chiesto di sostituirlo. Se volete possiamo rimandare tutto e vi rimborsiamo,” rispose con voce sincera.
Ci fu un attimo di esitazione. Poi intervenni, cercando di stemperare l’imbarazzo.
“Non c’è problema, Leo o Luis… l’importante è che tu sappia cucinare bene!” dissi sorridendo.
Luis si rilassò un po’, accennò un sorriso e si fece avanti. Portava con sé tutto il necessario: borse piene di ingredienti freschi, pentole e utensili. Gli diedi una mano a sistemarsi in cucina, mentre Fede ci osservava con una curiosità nuova, quella che spunta quando una situazione si trasforma in qualcosa di inaspettato.
Dopo aver sistemato tutto, gli chiesi: “Allora, che menù ci proponi?”
“Ajiaco,” rispose con un tono sicuro, finalmente sciolto.
Non sapevo cosa aspettarmi da quel nome, ma lui sembrava sapere esattamente cosa fare. Iniziò a tirare fuori gli ingredienti con una precisione quasi rituale: manioca, mais, pollo, patate dolci e spezie che non avevo mai visto prima. Si mise subito all’opera, muovendosi con una concentrazione che riempiva la cucina di una strana energia.
Ci spiegò che era un piatto tradizionale cubano, un miscuglio di sapori e consistenze che richiedeva tempo per essere preparato. Per fortuna, Luis era organizzato alla perfezione. Tagliava, mescolava e dosava con gesti sicuri e precisi, mentre noi lo osservavamo in silenzio.
Fede si era avvicinata al bancone della cucina, appoggiata con le mani al bordo, e ogni tanto gli faceva qualche domanda: “Come ti sei avvicinato alla cucina? Quanti anni hai? È il tuo primo lavoro in Italia?” Lui rispondeva con gentilezza, ma senza mai perdere il filo del suo lavoro.
Il profumo cominciò a invadere la casa, avvolgendoci in un’atmosfera che non avevamo previsto. Quella serata, iniziata con un po’ di scetticismo, prometteva di trasformarsi in qualcosa di speciale.
Osservavo Fede, incuriosito, mentre rivolgeva tutta la sua attenzione al nostro giovane cuoco. Subito un pensiero mi riportò alla mente l’eccezionale avventura vissuta con Davide. Era stata unica, irripetibile. Mi ripetevo che nulla di simile poteva accadere di nuovo. Ciò che era stato fatto con Davide sarebbe rimasto per sempre una prima e unica volta.
Luis, per l’occasione, ci offrì un aperitivo decisamente forte, un miscuglio di sapori della sua terra d’origine. Fede lo sorseggiava lentamente, usando una cannuccia, con una sensualità disarmante. La osservavo con attenzione, mentre un pensiero si faceva largo nella mia testa: Sta flirtando con lui?. Quelle sue movenze eleganti mi confondevano, alimentando il fuoco del dubbio.
Non resistetti. Appena Luis si distrasse un momento, mi avvicinai a lei con aria maliziosa, cercando di coglierla di sorpresa. Ma Fede, con uno sguardo stizzito, tagliò subito corto: “Te lo scordi”, disse, lasciandomi interdetto. La mia eccitazione svanì in un attimo, come un soffio di vento spegne una fiamma. Il mio pensiero tornò alla cena: c’era qualcosa, in quell’atmosfera, che non mi convinceva del tutto, o forse non volevo lasciarmi convincere.
Finalmente ci accomodammo a tavola. Il drink cominciava a fare il suo effetto: forse avevo esagerato. Poco male, era ora di cenare. Luis ci servì un piatto unico, davvero speciale. Fede, mentre mangiava, non distoglieva gli occhi dal nostro chef. Che le frulla per la testa?, mi chiedevo, osservandola. Luis, accorgendosi del suo sguardo insistente, le rispose con un sorriso gentile, visibilmente imbarazzato.
Gustammo a pieno il piatto, un capolavoro culinario, e mentre Luis si preparava per il dolce, decisi di accendere lo stereo. Mi rivolsi ad Alexa, lasciandole carta bianca: “Scegli tu la musica”. Con la sala ora avvolta da note soffuse, mi voltai verso Fede e, con un sorriso, la invitai a ballare. Non sapevo quale canzone stesse suonando, ma non importava.
Il ballo si fece presto interessante. Fede sollevò i capelli, lasciandoli ricadere sulle spalle con un gesto naturale, e mi guardò negli occhi. In quello sguardo vidi una luce che mi fece impazzire. Era la luce di una donna che desidera qualcosa, consapevole di poterlo ottenere. Ci muovevamo vicini, dimenticando quasi la presenza di Luis, immersi in un vortice di sensualità e complicità.
D'improvviso, la voce di Luis spezzò l’incantesimo: “Signore e signori, il dolce è pronto!”.
Ci girammo verso di lui. “Tiramisù?”, domandai, scoppiando a ridere. Luis mi guardò divertito: “Sì, so che potrebbe sembrare una presa in giro, ma è stata una richiesta specifica di sua moglie”, rispose, rivolgendosi a Fede.
Lei sorrise dolcemente: “Grazie, tesoro. D’altronde è il mio dolce preferito”.
Il tiramisù arrivò in tavola, perfetto nella sua semplicità. Era il finale ideale per una serata ricca di emozioni, sospesa tra sapori, sguardi e desideri inconfessati.
La serata proseguiva tranquilla, ma qualcosa frullava nella mia testa. Non riuscivo a capire il comportamento di mia moglie, Fede. Era audace nei commenti, nelle battute con Luis, quegli sguardi così intensi, ricchi di passione… Non riuscivo a decifrare cosa volesse davvero. Dovevo ammetterlo, un po’ mi turbava.
L’ultimo brindisi, e poi ci siamo accoccolati sul divano. Io seduto e Fede distesa sopra di me, entrambi a guardare la TV. Una cosa che avevo apprezzato davvero della serata era la presenza di Luis, lo chef a domicilio. Oltre a cucinare per noi, puliva e sistemava la cucina come l’aveva trovata. Non sapevo se lo facesse per gentilezza, per scusarsi del piccolo imprevisto con Leo, o se fosse solo il suo modo di fare, ma lo faceva con calma e attenzione.
La TV era sulla parete che divideva la sala dalla cucina, e ogni tanto vedevo la figura di Luis muoversi mentre sistemava. Finalmente tolto il camice da cuoco, rimaneva in maglietta, e il suo fisico si notava ancora di più. Io ero concentrato sul film, ma sentivo Fede, sdraiata sopra di me, che si agitava, irrequieta. Le sue gambe si allargavano ogni tanto, come per lasciar intravedere qualcosa di più.
Non avevo una visione completa della cucina, essendo in un angolo della stanza, ma Fede, spostata in modo diverso, aveva una visuale migliore. Le sue mani cominciavano a sfiorare il suo corpo, scendendo verso la parte bassa del vestito, e in modo quasi innocente, lo sollevava. A quel punto, il mio sguardo si concentrò più su di lei che sulla TV. Non capivo bene cosa stesse facendo.
Poi, improvvisamente, non vedendo più Luis in giro, un dubbio mi assalì: "Non starà mica facendo la sciocchina…?"
Lasciavo che i pensieri mi assalissero, senza cercare di capire subito cosa stesse succedendo. Guardavo Fede, il cui sguardo era fissato in modo strano sulla cucina. Passava il tempo, e io non riuscivo a distogliere l’attenzione da quel dettaglio che mi sembrava sospetto.
Poco dopo, Luis uscì dalla cucina, sorridente. "Ragazzi, si è fatta una certa, devo lasciarvi", disse, e subito ci alzammo. Fede ed io ci scambiammo uno sguardo e ci preparammo a salutarlo. Lui, dopo qualche parola, si diresse verso la porta. Io, però, notai che doveva fare parecchi viaggi per portare via tutto, e un impulso di educazione, o forse qualcosa di più, mi spinse a offrirgli il mio aiuto. Decisi di portare io le sue borse in macchina. Non era solo un gesto di cortesia, ma qualcosa che volevo fare per creare una situazione: lasciarli soli per un momento.
Presi le due borse pesanti, aprii la porta, la lasciai socchiudere dietro di me, e mi avviai verso la macchina di Luis. Proprio mentre salivo le scale, lui mi incrociò e mi chiese di lasciargli tutto. Ma io insistetti, dicendogli: "Devi salutare Fede, dai!" Luis, forse sorpreso dal mio gesto o forse imbarazzato per la mia insistenza, non rispose e mi lasciò alle spalle. Si diresse verso la casa, e sentii la porta chiudersi dietro di me.
In quel momento, ero solo. Mi resi conto che avevo appena creato l’occasione giusta per qualcosa che non riuscivo a definire, ma che sentivo inevitabile.
Ora ero io a compiere ogni gesto con calma assoluta. Dopo aver lasciato le borse nella macchina, chiusi con delicatezza lo sportello e mi avvicinai al prato che conduceva alla casa. Da lì avevo una visuale parziale sulla sala. Mi affacciai, ma non vidi nessuno. Strano. Guardai l’orologio, mi sembrava che fosse passato un po’ troppo tempo per due borse, quindi decisi di rientrare.
Salì le scale, aprii la porta e, in quel momento, mi trovai di fronte a Fede, che mi rispose con il viso rosso. “Non arrivavi più, stavo venendo a cercarti,” mi disse, mentre dietro di lei, Luis faceva due passi indietro, come a nascondersi. Feci finta di nulla, ma finalmente capii perché non li avevo visti dal giardino: erano stati vicino alla porta tutto il tempo.
“Ciao Luis, ho caricato tutto,” dissi, con un tono rapido e quasi indifferente. Luis si avvicinò alla porta, salutò Fede con una stretta di mano e poi io lo accompagnai fuori. Mentre scendevo le scale, sentivo il suo profumo, ma non riuscivo a capire se fosse lui a portare quella fragranza oppure io stesso.
“Ciao Paolo, grazie di tutto,” disse Luis, dandomi una pacca sulla spalla prima di salire in macchina. Lo guardai allontanarsi e, mentre il rumore del motore si allontanava, rientrai in casa, il cuore colmo di dubbi, ma soddisfatto della serata. Era stata eccitante, in un modo che non riuscivo a spiegarmi.
Aprii la porta di casa e trovai Fede che si stava avviando verso il bagno. Il suo vestitino era lì, abbandonato all’ingresso, come se fosse stato tolto frettolosamente come se volesse dirmi qualcosa.
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